Spunti di riflessione per un passaggio generazionale organizzato: la variabile fiscale

1. Gli impulsi comunitari a favore della disciplina del passaggio generazionale
La trasmissione del patrimonio familiare tra le generazioni rappresenta, per definizione, il crocevia di esigenze, aspettative ed interessi variegati (a volte concorrenti, ma spesso contrapposti) di soggetti a vario titolo coinvolti, a partire dai “protagonisti diretti” (il de cuius e gli eredi) fino allo Stato che è interessato alle relative implicazioni di politica economica, al fine di favorire la continuità delle iniziative imprenditoriali.
Ormai da anni, infatti, si è fatta strada la consapevolezza che la trasmissione intergenerazionale dell’attività imprenditoriale rappresenti un’assoluta priorità per la conservazione del tessuto produttivo, anche per i fin troppo evidenti risvolti occupazionali.
Queste istanze trovano eco addirittura in una “pionieristica” (7 dicembre 1994) raccomandazione della Commissione Europea, che già poneva l’accento sulla necessità che gli Stati membri facilitassero la successione d’azienda modificando il contesto giuridico di riferimento attraverso apposite soluzioni societarie e fiscali improntate, rispettivamente, sulla continuità e sulla neutralità.
Nei successivi “considerando”, poi, venivano focalizzati i fattori che a giudizio della Commissione “complicano” la successione d’azienda:
- inadeguatezza della legislazione degli Stati membri, soprattutto in materia di diritto societario, successorio e fiscale;
- necessità di sensibilizzare, informare e formare gli imprenditori affinché preparino efficacemente la loro successione;
- difficoltà per i successori di finanziare il compenso per gli altri coeredi ed assenza di strumenti di finanziamento adeguati nei diversi Stati membri;
- assenza, in alcuni Stati membri, di strumenti di un diritto di trasformazione che consenta di cambiare il tipo sociale senza procedere allo scioglimento ed alla costituzione di un nuovo ente;
- necessità di individuare tecniche o forme giuridiche che facilitino la successione consentendo di distinguere tra potere gestionale e proprietà dell’impresa;
- constatazione che l’adozione da parte di un’impresa della forma giuridica più adeguata per il buon esito della successione spesso è ostacolata dalle conseguenze fiscali;
- constatazione che il decesso ovvero alcuni altri atti unilaterali di un socio (il recesso, ad esempio) possono essere incompatibili con il contratto sociale e possono comportare addirittura la messa in liquidazione della società mettendo in pericolo la continuità imprenditoriale;
- constatazione che l’onerosità delle imposta di successione può arrivare addirittura alla necessità di mettere in vendita alcuni asset della azienda di famiglia per “finanziarne” l’esborso.
Così inquadrate le problematiche di maggiore rilevanza nella trasmissione dell’attività imprenditoriale, la Raccomandazione fissava alcuni obiettivi per gli Stati membri invitandoli a adottare le misure più adeguate, a completamento del quadro giuridico, fiscale ed amministrativo, al fine di:
-
- sensibilizzare l’imprenditore ai problemi della successione e indurlo a preparare tale operazione finché è ancora in vita;
- creare un contesto finanziario favorevole al buon esito della successione;
- consentire all’imprenditore di preparare efficacemente la sua successione mettendo a sua disposizione gli strumenti adeguati;
- assicurare la continuità delle società di persone e delle imprese individuali in caso di decesso di uno dei soci o dell’imprenditore;
- assicurare il buon esito della successione familiare evitando che le imposte sulla successione ereditaria e sulla donazione mettano in pericolo la sopravvivenza dell’impresa;
- incoraggiare fiscalmente l’imprenditore a trasferire la sua impresa tramite vendita o cessione ai dipendenti, soprattutto quando non vi sono successori nell’ambito della famiglia.
E’ immediato constatare come la richiesta di intervento formulata dalla Commissione UE aveva , in coerenza con le già richiamate peculiarità del passaggio generazionale, carattere trasversale spaziando dai profili civilistici e fiscali a quelli finanziari andando perfino a toccare i “tasti” più personali ed emotivi (cfr. sensibilizzare l’imprenditore ai problemi della successione e indurlo a preparare tale operazione finché è ancora in vita).
La Commissione UE, poi, ha diede seguito alla raccomandazione con una Comunicazione del 28 dicembre 1998 nella quale, sulla base dei riscontri ricevuti da alcuni Stati membri tracciò uno “stato dell’arte” offrendo una panoramica delle misure civilistiche, fiscali e finanziarie adottate dagli Stati membri.
L’esito di tale verifica, tuttavia, pur riconoscendo l’esistenza di alcuni progressi (con velocità differenziate a seconda dei Paesi) non fu del tutto soddisfacente.
La situazione generale degli Stati membri, ad avviso della Commissione, indicava che le varie proposte formulate nella raccomandazione non erano state seguite in una misura tale da eliminare gli ostacoli specifici incontrati dalle imprese al momento della loro trasmissione.
Fu così rinnovato l’invito agli Stati membri perché proseguissero ed intensificassero “i loro sforzi per facilitare la trasmissione delle imprese, agendo sulla semplificazione legislativa e amministrativa, riducendo effettivamente le tasse e facilitando l’accesso al finanziamento per il rilevamento di un’impresa”.
E’ fin troppo evidente, infatti, come questa esigenza sia particolarmente pressante proprio per il contesto economico italiano caratterizzato, come noto, da imprese di dimensione medio-piccola sicuramente più esposte alle eventuali conseguenze negative di un passaggio generazionale non gestito o mal gestito.
La trasversalità dell’argomento in esame richiederebbe una trattazione articolata – che non è possibile effettuare in questa sede – la quale spazi dal diritto successorio a quello societario, a quello tributario approfondendo (o almeno delineando) sia istituti “storici” profondamente radicati nel nostro ordinamento (la legittima, il divieto di patti successori, il fondo patrimoniale, ecc.) sia le novità di più recente introduzione (vincoli di destinazione, patti di famiglia, riforma dell’imposta sulle successioni e donazioni, trattamento fiscale del trust, ecc.), argomenti sui quali esiste comunque una vasta letteratura.
2. Le risposte del legislatore italiano
La successione imprenditoriale ha assunto un ruolo centrale nelle scelte di politica economica comunitaria ed in tal senso anche l’Italia ha, specie negli ultimi anni, introdotto provvedimenti volti a disciplinare i risvolti civilistici e fiscali del passaggio generazionale, nel quadro di un disegno che appare tuttavia poco organico e coerente.
Emblematica, in questo senso, è la normativa in tema di “patti di famiglia” di cui alla L. 55/2006 volta ad introdurre una normativa che tenesse conto della peculiare natura e funzione dei beni oggetto dell’attività di impresa e ne agevolasse e tutelasse la trasmissione generazionale, derogando in parte ai rigorosi vincoli previsti dal Codice Civile in materia successoria.
Pur dovendosi apprezzare le intenzioni sottese all’introduzione dell’istituto, con cui è stata riconosciuta la specificità di determinati beni, quali l’azienda e le partecipazioni societarie, le cui peculiarità impongono l’applicazione di specifiche regole di natura successoria, le incertezze della disciplina (peraltro non accompagnata da una specifica regolamentazione tributaria), sono tali e tante, sia a livello teorico che applicativo, da consigliarne l’utilizzo solo in determinate circostanze.
Anche la reintroduzione dell’imposta di successione e donazione ha rappresentato, nella prospettiva del passaggio generazionale, un vincolo alla trasmissione della ricchezza familiare, perchè introduce un costo (“fiscale”) che riduce il valore dei beni trasferiti a favore degli eredi.
In passato si era osservato che l’imposta sulle successioni e donazioni finiva per trasformarsi in un’imposta sugli imprevidenti, che non avevano pensato prima alla propria successione, oppure in una sfortuna aggiuntiva per i casi di morti improvvise, in cui non vi era stato il tempo per organizzare il “passaggio degli averi” agli eredi.
La reintroduzione dell’imposta di successione e donazione, pur economicamente meno onerosa rispetto al passato, ha notevolmente riacceso l’interesse in merito alle modalità utilizzabili per ridurne l’impatto, specie nel caso di:
- patrimoni ingenti per i quali l’effetto di mitigazione legato alla presenza di franchigie si diluisce
- trasferimenti attuati in favore di beneficiari, non legati da vincoli di parentela o affinità con il de cuius o donante, cui risulta applicabile l’aliquota massima dell’8%.
Un aspetto cruciale riguarda l’applicabilità dell’esenzione prevista dall’articolo 3, comma 4-ter, del D.Lgs 346/1990 con riferimento a quei beni che tipicamente devono essere considerati nel fenomeno della successione imprenditoriale, ossia specificamente l’azienda e le partecipazioni, restando esclusi dall’ambito di applicazione dell’agevolazione gli strumenti finanziari che per loro natura non permettono di attuare il passaggio generazionale (es. titoli obbligazionari, immobili, ecc.).
E’ previsto che i trasferimenti, effettuati anche tramite patti di famiglia a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni.
In caso di società di capitali (ma non di società di persone) residenti in Italia, il beneficio spetta tuttavia limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’art. 2359, primo comma, numero 1), Codice Civile (secondo cui si considerano controllate “le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria”).
In questo senso, l’esenzione in oggetto spetta soltanto se il trasferimento delle quote o azioni consente agli eredi o donatari di subentrare in una situazione di controllo, ovvero di realizzare tale controllo nel caso in cui gli stessi siano già in possesso di quote o azioni della medesima società (c.d. integrazione del controllo): tale condizione rappresenta evidentemente un forte limite all’operatività dell’agevolazione, così come la limitazione soggettiva al solo coniuge ed ai discendenti.
Ulteriore limite si riscontra nel caso in cui si sia in presenza di più beneficiari; nell’ipotesi in cui la partecipazione di controllo posseduta dal dante causa sia attribuita separatamente a più discendenti, l’agevolazione spetta solo se l’attribuzione consente l’acquisizione o integrazione del controllo, diversamente sarà necessario, per applicare l’agevolazione, che la partecipazione sia trasferita in comproprietà (art. 2347 Codice Civile).
Il beneficio si applica inoltre a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso.
I vincoli e le incertezze applicative sulla portata dell’esenzione e sulle ipotesi di decadenza rischiano di trasformare una disposizione (che sarebbe dovuta essere) a favore del passaggio generazionale e più in generale della successione d’impresa in una norma che potrà facilmente originare conflitti tra contribuenti ed Amministrazione finanziaria.
Al pari delle previsioni in tema di patti di famiglia, anche l’introduzione nel nostro ordinamento di una disciplina fiscale del trust, sia ai fini delle imposte dirette che indirette (nell’ambito quest’ultima della reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni), è certamente da salutarsi con favore.
La regolamentazione fiscale ha comportato una sorta di “sdoganamento” dell’istituto, troppo spesso guardato con diffidenza, in quanto considerato esclusivamente come strumento per abbattere il carico fiscale o per occultare beni e non come una modalità per attuare il passaggio generazionale.
Anche tale intervento normativo tuttavia non ha certo brillato per sistematicità e chiarezza. Molti aspetti problematici sono stati chiariti da interpretazioni (a volte discutibili) dell’Agenzia delle Entrate, la quale ha invero dovuto fronteggiare disposizioni normative laconiche e mal coordinate.
Più in generale si può osservare che il legislatore italiano non ha contribuito alla costruzione di un quadro normativo chiaro, stabile e rispondente ai desiderata espressi a livello comunitario riguardo alla costruzione di un humus favorevole alla successione d’impresa ed al passaggio generazionale.
3. Proposta per un passaggio generazionale organizzato: la Matrice generazionale e la Griglia di ascolto
E’ di tutta evidenza che la trasmissione di un patrimonio non può fondarsi su una “corsa” alla sua conversione in titoli di Stato o su altri rocamboleschi escamotage al solo fine di evitare l’imposta di successione e che altre devono essere le tecnicalità e le soluzioni da utilizzarsi, specie se si vogliono evitare complesse e spiacevoli diatribe familiari, frutto di “pianificazioni” dell’ultimo minuto e quando tra la ricchezza da trasmettere sono ricomprese attività imprenditoriali di cui si vuole evitare la disgregazione.
In questo senso e su un piano generale è bene puntualizzare che la creazione, realizzazione e gestione di strutture finalizzate al passaggio generazionale non dovrebbe avere come driver principale il risparmio fiscale, in quanto ciò potrebbe decretarne l’insuccesso dal punto di vista del raggiungimento degli obiettivi ed indebolirne la tenuta futura, anche in ottica fiscale.
Il punto di partenza deve invece essere l’individuazione delle attese, esigenze, aspirazioni e problematiche dei soggetti coinvolti nel passaggio generazionale, oltre che delle peculiarità che ciascuna situazione familiare presenta.
Solo successivamente, dopo aver “mappato” le aspettative/motivazioni (anche inconsce) ed aver identificato gli obiettivi prioritari degli attori del processo si può passare all’individuazione degli strumenti giuridici più idonei per realizzarle, tenuto conto anche della variabile fiscale.
In questa seconda fase il contributo maggiore è offerto dai professionisti (avvocati e fiscalisti in particolare) incaricati di offrire al cliente una panoramica dei vincoli posti nell’ordinamento, delle soluzioni offerte dalla prassi professionale che più si attagliano alla sua specifica situazione e dei profili di onerosità (anche fiscale) legati all’implementazione delle diverse possibili soluzioni, in connessione anche con la tipologia ed all’ubicazione dei beni che si intendono trasmettere.
Sebbene ogni situazione presenti aspetti peculiari, su un piano generale si registra un crescente interesse a mantenere invariata la tipologia di investimenti effettuabili e se possibile ampliarla, coniugando elevati livelli di flessibilità, personalizzazione e professionalità nella gestione degli asset finanziari e non finanziari con l’ottimizzazione del carico fiscale e con esigenze di segregazione e protezione del patrimonio, oltre che di passaggio generazionale.
Volendo proporre, quindi, un iter procedurale del passaggio generazionale, è possibile individuare quattro livelli (non necessariamente consequenziali, quanto piuttosto concorrenti) così rappresentabili:
Nel proporre un iter logico della gestione organizzata di un passaggio generazionale va sottolineata l’importanza di una preliminare fase di acquisizione delle informazioni all’uopo rilevanti.
In tal senso si è cercato di individuare uno strumento che potesse condensare tutte le variabili di preliminare (e imprescindibile) analisi del caso concreto così da meglio orientare l’esame dei vincoli/soluzioni, rischi/opportunità, costi/benefici, delle successive fasi di approfondimento civilistico, societario e fiscale.
Tale strumento è rappresentato da una matrice bidimensionale (la “Matrice Generazionale”) secondo la quale il bagaglio informativo propedeutico ad una pianificazione del passaggio generazionale è sintetizzabile in due aree di indagine fondamentali: il Patrimonio e la Famiglia.
Del Patrimonio, in particolare, si dovranno considerare:
- entità (non solo in termini assoluti, ma anche relativi afferenti a ciascuna tipologia di asset);
- composizione qualitativa (partendo dalla 3 tra beni immobili e mobili, per poi distinguere all’interno di ciascuna classe le diverse tipologie di asset: case di abitazione, terreni agricoli, aree edificabili, fabbricati industriali, etc. da una parte e denaro, attività finanziarie, gioielli, mobilia, opere d’arte, etc. dall’altra);
- ubicazione (non solo Italia o Estero, ma anche, in quest’ultima ipotesi, extra o intra UE, paesi che consentono o meno lo scambio di informazioni, “paradisi fiscali”, etc.).
Quanto alla Famiglia, in particolare, si dovranno esaminare:
- numero di componenti (questo profilo, è fin troppo evidente, incide innanzitutto sulle quote ereditarie spettanti a ciascuno);
- legami di parentela (linea retta o collaterale con relativo “grado”, ascendenza o discendenza, esistenza di figli naturali riconosciuti o meno, etc.)
- aspettative ed aspirazioni di ciascun erede (si tratta di quella sfera “emotivazionale” di cui si è detto sopra).
E’ facile constatare come la combinazione delle due dimensioni della matrice, con il diverso atteggiarsi delle rispettive sotto-variabili, dia luogo ad un numero pressoché illimitato di possibili intersezioni cui necessariamente corrisponderà un “abito” civilistico, societario e fiscale su misura.
Entrambe le dimensioni considerate (declinate nelle rispettive tre variabili), infatti, condizionano in modo decisivo non solo le scelte di trasmissione del patrimonio familiare, le modalità di ripartizione praticabili e l’eventuale adozione di alternative societarie, ma anche (e non ultimi) i relativi costi (anche fiscali) di implementazione.
A completare la fase di acquisizione delle informazioni preliminari ad una gestione organizzata del passaggio generazionale, provvede un secondo strumento ovvero la Griglia di Ascolto.
In tal senso vanno individuati alcuni concetti chiave da assumere a fondamento di una trasmissione del patrimonio familiare (ed imprenditoriale) consapevole e informata ovvero:
- gradualità → intesa come inserimento graduale del successore prescelto per la gestione dell’attività di impresa attraverso strumenti giuridici che consentano contestualmente al genitore di mantenere il controllo dell’azienda ed al successore di iniziare a partecipare alla gestione per apprendere le conoscenze che gli saranno necessarie per la successiva guida e direzione dell’attività;
- segregazione → intesa come esigenza di separare il patrimonio destinato all’attività imprenditoriale dal patrimonio personale dei figli;
- governabilità → intesa come esigenza di individuazione della struttura di governance della società familiare più idoneo a garantire, nella fattispecie concreta, la convivenza nell’ambito della società tra i vari familiari coinvolti dalla successione generazionale;
- continuità → intesa come strumento per garantire il mantenimento dell’unitarietà nel controllo e nella gestione dell’impresa al fine di contemperare le esigenze dei figli che succedono direttamente nel controllo con le aspettative dei figli che pur non succedendovi rimangono, considerato il ristretto ambito familiare, interessati al buon andamento dell’attività familiare;
- compensazione → intesa come esigenza di individuare gli strumenti appropriati per remunerare gli eredi non assegnatari e/o portatori di interessi divergenti
- economicità → intesa come individuazione dello strumento giuridico che consenta un’ottimizzazione della successione generazionale sotto il profilo non solo monetario ma anche temporale ed organizzativo;
- protezione → intesa come solidità della scelta operata dinnanzi ad eventuali pretese di terzi, siano essi creditori, fisco, terzi, o gli stessi altri eredi;
- liquidazione → monetizzazione del patrimonio familiare per disimpegno dell’attività imprenditoriale, legata all’assenza di eredi e/o alla volontà di destinare a finalità estranee all’impresa (se del caso anche filantropiche) il patrimonio accumulato.
Si tratta, a un tempo, di principi generali, linee guida ed obiettivi che di fatto costituiscono un imprescindibile strumento per il professionista che interloquisce con i protagonisti del passaggio generazionale.
In tal senso i principi enunciati rappresentano una vera e propria check-list attraverso la quale raccogliere, filtrare, contemperare e valorizzare le priorità, le esigenze e gli auspici (quando non le remore, incertezze e contraddizioni) dei diversi interlocutori.